È convinzione diffusa, tanto più fra quanti si occupano di processi di formazione superiore e terziaria, che fenomeni diffusivi come l’evoluzione dei modi di produrre, la cosiddetta “quarta rivoluzione industriale”, l’innovazione tecnologica, per arrivare sino al superamento delle varie e talvolta innumerevoli forme di “modernità”, originino la necessità di una forza lavoro “in grado di riprogrammarsi costantemente” che necessiterebbe di una formazione di tipo più “generalista e umanistica” che specialistica.
Il dilemma fra conoscenze generaliste e competenze specifiche viene ipostatizzato da questa letteratura, assolutizzandolo in una contrapposizione non solo inutile, ma fuorviante quando non del tutto errata.
Nel nuovo working paper liw, Barbieri, Cutuli e Minardi studiano i rischi di disoccupazione associati all’introduzione di tecnologie per il risparmio di manodopera, nonché i cambiamenti nella composizione della forza lavoro e le possibili modifiche alla stratificazione occupazionale delle società europee causate dall’introduzione di queste nuove tecnologie.
I risultati rivelano che per comprendere gli effetti di stratificazione della robotica bisogna tener conto del fatto che il processo di innovazione tecnologica è mediato dalle istituzioni.